martedì 15 gennaio 2008

"Per la politica e il Paese non siamo mai esistiti"
Gli operai di Torino diventati invisibili
di EZIO MAURO


TORINO - "Turno di notte vuol dire che monti alle 22. Sono abituato. Quel mercoledì sera, il 5 dicembre, sono arrivato come sempre un quarto d'ora prima, ho posato la macchina, ho preso lo zainetto e sono entrato col mio tesserino: Pignalosa Giovanni, 37 anni, diplomato ragioniere, operaio alla Thyssen-Krupp, rimpiazzo, cioè jolly, reparto finitura. Salgo, guardo il lavoro che mi aspetta per la notte e vedo che ho solo un rotolo da fare". "Allora vado prima a trovare quelli della linea 5, devo dire una cosa ad Antonio Boccuzzi, ma poi arrivano gli altri e si finisce per parlare tutti insieme del solito problema. Il 30 settembre la nostra fabbrica chiuderà, a febbraio si fermerà per prima proprio la 5, stiamo cercando lavoro e non sappiamo dove trovarlo. Duecento se ne sono già andati, i più esperti, i manutentori, molti alla Teksfor di Avigliana. Noi mandiamo il curriculum in giro, con le domande. L'azienda se ne frega, la città anche. Chiediamo agli amici, ai parenti operai che hanno un posto. Chi può cerca altre cose, Toni "Ragno" dice che ha la patente del camion e prova con le ditte di trasporti: gli piacerebbe, tanto ogni giorno fa già adesso 75 chilometri per arrivare all'acciaieria e 75 per tornare a casa. Bruno ha deciso, il 29 chiude con la fabbrica e apre un bar con Anna, Angelo ha provato a farsi trasferire alla Thyssen di Terni, la casa madre, ma poi è tornato indietro per la famiglia. Parliamo solo di questo, come tutte le notti, abbiamo il chiodo fisso. E' brutto essere giovani e arrivare per ultimi. La Thyssen qui in giro la chiamano la fabbrica dei ragazzi, perché dei 180 che siamo rimasti il 90 per cento ha meno di trent'anni. Ma questo vuol dire che quando tutt'attorno chiude la siderurgia e Torino non fa più un pezzo d'acciaio che è uno, chi ti prende se sai fare solo quello? Eppure siamo specializzati, superspecializzati, non puoi sostituirci con un operaio qualsiasi che non abbia fatto almeno 6 mesi di formazione per capire come si lavora l'acciaio. E infatti ci pagano di più, uno del quinto livello alla Fiat prende 1400 euro, qui con i turni disagiati, la maggiorazione festiva, il domenicale arrivi a 1700 anche 1800 senza straordinario. Non ti regalano niente, sia chiaro, perché lavori per sei giorni e ne fai due di riposo, quindi ti capitano un sabato e domenica liberi ogni sei settimane, non come a tutti i cristiani. Ma la siderurgia è così, lavoriamo divisi in squadre e quando smonta una monta l'altra perché le macchine non si fermano, 24 ore su 24, questo è l'acciaio. Che poi, se ci fermassimo noi si ferma l'Italia perché siamo i primi, senza l'acciaio non si vive, dai lavandini all'ascensore, alle monete, alle posate, siamo la base di tutta l'industria manifatturiera, dal tondino per l'edilizia alle lamiere per le fabbriche, agli acciai speciali. E quando parlo di acciaio intendo l'inox 18-10, cioè 18 di cromo e 10 di nichel, roba che a Torino si fa soltanto più qui da noi, che è come l'oro visto che il titanio viaggia a 35 euro al chilo e noi facciamo rotoli da sei, settemila chili. Eppure tutto questo finirà, sta proprio per finire, Torino resterà senza, siamo come le quote latte. E' chiaro che ne parliamo tutte le sere, come si fa? Comunque, a un certo punto, sarà mezzanotte e mezza, io saluto tutti, e dico che vado a fare quel rotolo che mi aspetta. Salgo, e lì sotto comincia l'inferno. E' una parola che si usa così, come un modo di dire. Ma avete un'idea di com'è davvero l'inferno"?

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